Oggi, prima domenica dopo il lockdown. Abbiamo imparato fin troppo bene questa parola. Si torna pian piano alla normalità.
La normalità è convivere con le vicende quotidiane che scorrono come un fiume lento, ti ci abitui: è questa la tua vita. Ti accorgi che manca, questa tua normalità, quando qualche evento irrompe nelle tue giornate e fa sbattere le ante della finestra aperta, frantumandone i vetri. A questo vento-evento eri davvero impreparata.
Ci siamo chiesti quale messaggio si nascondesse in queste giornate lunghissime trascorse a intrattenere noi stessi per cercare di dimenticare questa anormalità, una strana prigionia che è poi diventata normalità.
Il pensiero fisso era quello di ritornare alla normalità: quale? Ma davvero non abbiamo capito che basta una folata di vento e tutto cambia? Il clima, la spiritualità, il tempo, l’amore, il senso della vita, la morte, i troppi morti, la filosofia, la politica, le amicizie, i familiari: quante domande… . Dovremmo scriverle e trovare le risposte che sono dentro di noi ma che non tiriamo fuori forse per paura. Sì, ho paura di questa vita trascinata e che continua a scorrere lenta come un fiume ma che passa veloce.
Ciascuno di noi ha vissuto questi mesi come ha potuto, rimanendo spesso attonito e incredulo dinnanzi a questo dramma che l’umanità sta vivendo. Ma riconosco che è venuta fuori la parte migliore di noi proprio in questi giorni.
Ci siamo stretti l’un l’altro come mai abbiamo fatto, abbiamo riflettuto, ripreso i contatti con chi avevamo dimenticato perché troppo indaffarati a vivere.
Abbiamo pianto, sorriso, ci siamo commossi ed emozionati forse come mai.
Abbiamo guardato forse il cielo per la prima volta e rimasti affascinati dalla natura che finalmente tornava a respirare.
Ci siamo coalizzati in varie forme di solidarietà per non lasciare nessuno indietro, come con il tiro alla fune, incatenati a darci forza, incoraggiandoci e anche gridando, urlando per farci sentire, come chi annaspa in acqua senza forze, per farci salvare.
Papa Francesco ogni mattina ci riportava al cuore dell’esperienza di essere donne e uomini, fratelli che vivono su questo pianeta troppo maltrattato dall’egoismo di tanti.
Facciamo un passo in avanti – si chiama progresso – . Sì, progrediamo in maturità, sensibilità, altruismo, generosità. Basta non dimenticare questi giorni di lockdown per cambiare, diventare come vorremmo essere, per tornare a una “nuova normalità”.
Una poesia per ricominciare.
“Pensa che si muore
e che prima di morire tutti hanno diritto
a un attimo di bene.
Ascolta con clemenza.
Guarda con ammirazione le volpi,
le poiane, il vento, il grano.
Impara a chinarti su un mendicante,
coltiva il tuo rigore e lotta
fino a rimanere senza fiato.
Non limitarti a galleggiare,
scendi verso il fondo
anche a rischio di annegare.
Sorridi di questa umanità
che si aggroviglia su se stessa.
Cedi la strada agli alberi”.
Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi, Chiarelettere 2017,