Pasqua, la festa dei macigni rotolati

E’ una Pasqua strana, la seconda dall’inizio della pandemia. Ricordo l’anno scorso: da sola a casa, seguivo le celebrazioni della Settimana Santa dalla tv. Eppure non avevo la sensazione del vuoto, della solitudine perché l’umanità, i miei amici, i miei familiari stavano vivendo come me questo momento di profondo dolore e ci chiedevamo tutti quando sarebbe passato. Ci aspettavamo una resurrezione immediata, un ritorno alla nostra normalità e quotidianità, come se avessimo stipulato un contratto con Lassù. Tre giorni sarebbero stati davvero pochi per rinascere ma è passato un anno e siamo ancora qui, a fare i conti con la nostra umanità. Condivido questa riflessione di Don Tonino Bello perché mi ha aiutato a comprendere come la “liberazione” dalla morte deve avvenire dentro di me e senza il favore di cause esterne: a prescindere. Mi gioco la mia fede, la mia vita, il mio futuro, questi attimi. Gesù non disse: “posso morire perché tanto risuscito”. Non vorrei dire: “passerà perchè tanto deve passare”. Sarò diversa? Continuerò a rimanere nella mia “tomba alienata” o la mia rinascita provocherà un terremoto che rimuoverà ogni macigno tombale? Faccio mia questa frase conclusiva del testo di don Tonino Bello: ” Voglio recuperare tutta la speranza che irrompe da quella <creazione nuova> che è il corpo resuscitato di Gesù e dirvi con gioia: coraggio, non temete”.


La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.

Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo, che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. E’ il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuna con il suo sigillo di morte, chiusa in un mutismo che sembra invincibile.
Quella mattina il Risorto ha mostrato alle donne che è possibile il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la scoperta della parola che genera una primavera di rapporti nuovi. E che se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adoperasse per rimuovere il macigno dal sepolcro accanto, si ripeterebbe nuovamente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo.
Festa dei macigni rotolati.
Festa del terremoto.
Il Vangelo ci dice che i due accadimenti supremi della storia della salvezza, morte e risurrezione di Gesù, furono entrambi caratterizzati dal terremoto. Dunque non dal ristagno.
Fino a quando nelle nostre città la costruzione del Regno non sarà organizzata dagli amici del cambio, dagli appassionati della rivolta, dai poveri che si ribellano, dai condannati alle piccole croci quotidiane, da chi vi rimane schiacciato sotto, da chi è ingiustamente spogliato di tutto come Cristo, da chi viene abbeverato con l’aceto e il fiele di una vita insostenibile, avremo sempre aurore senza mattino.
E i macigni continueranno ad ostruire i nostri sepolcri, lasciandoci privi di una memoria spiritualmente eversiva.
Voglio recuperare tutta la speranza che irrompe da quella <creazione nuova> che è il corpo resuscitato di Gesù e dirvi con gioia: coraggio, non temete.
Non c’è scetticismo che possa attenuare l’esplosione dell’annuncio: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

 Tonino Bello, Pietre di scarto, 1993, Ed.La Meridiana     

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