Il simbolo in Notre Dame

La nostra vita è costellata da segni e simboli, non possiamo farne a meno: un anello, una collana, simboli religiosi come la croce, il ramo d’ulivo, un cero… E ancora: una foto, un disegno, un soprammobile, un quadro, una moneta, lettere, suoni … E la civiltà dell’alta tecnologia utilizza fortemente i simboli: icone, app, grafici. Il termine “simbolo” – dal prefisso σύμ- (sym-), “insieme” e dal verbo greco βάλλω (ballo) “getto” – , significa mettere insieme, unire. Il suo significato intrinseco è quello dell’unità, quasi metafisica, tra significante e significato, idea e rappresentazione di essa: non a caso il suo contrario è διαβάλλω (diabàllo) da cui il termine moderno “diavolo”, colui che divide per antonomasia. Per la civiltà greca antica il symbolon era la metà di una moneta, o di un qualsiasi altro oggetto, che veniva spezza tra le due parti contraenti un patto o un accordo. Così esse potevano riconoscersi reciprocamente dal perfetto combaciare delle due metà, symbola, spezzate al momento della stipula del patto. Ci ritroviamo nei simboli che ci riuniscono. Così è stato per la Cattedrale di Notre Dame: un simbolo che ha provocato un impatto emotivo enorme e riunito milioni di persone e qualcuno si è stupito del perché. Perché è quella parte di ciascuno di noi, quella parte di Europa smarrita che ha rimesso a fuoco la propria anima. Sono rimasti in piedi l’altare, la croce e la statua della Madonna: anche loro simboli che uniscono questo continente. E i simboli non muoiono: rinascono miracolosamente più forti dalle ceneri. Eterni, come l’anima dell’umanità.

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