Giacomo Leopardi scrisse “L’Infinito” nel 1819. Ho visitato la casa del poeta tempo fa e in questo luogo provai delle sensazioni particolari: il tempo e lo spazio non esistevano, appunto, “l’infinito” abitava in esso.
Quella siepe che tagliava la vita in due, il reale, la clausura alla quale Leopardi era costretto, e il suo desiderio di andare oltre, di spaziare, vivere…
Massimo Raffaeli ne fa una descrizione mirabile. Il testo, dice, è fondato paradossalmente su un ostacolo. Per Leopardi l’infinito è l’indefinito, cioè senza una misura definita. Tra realtà e immaginario c’è sempre un ostacolo, un vuoto ed è lì che entra la poesia. Come percepiamo lo spazio e il tempo? Al di là della siepe si percepiscono “Sovrumani silenzi e profondissima quiete…”. “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare“. La siepe impedisce lo sguardo ma il limite nello spazio fa entrare ciò che non ha limite nello spazio. L’infinito viene conquistato con l’immaginazione che sopraffà l’animo fino a procurare smarrimento. L’eternità viene evocata e la natura diventa luogo dove si può naufragare, dove abbandonarsi.
E’ l’emozione intellettuale che si prova centellinando i versi, estatici davanti una riflessione tramutata in poesia. E d’altronde cos’è la poesia? Non è forse suo compito quello di fare entrare nel nostro animo qualcosa che ci sfugge, che non capiamo a prima vista, di cui non riusciamo a godere? Mi fermo, allora, volentieri, quasi assetata di conoscenza e di bellezza nel leggere questi versi e altri ancora… . Sì, perchè è proprio la sensazione di bellezza quella che riempie e ci fa gustare questa vita. Abbandoniamoci dunque, naufraghiamo anche noi, viviamo questa esistenza sorseggiandola, chiudendo gli occhi e ringraziando di esserci. Forse la immaginiamo diversa questa vita ma, come scriveva Einstein, l’immaginazione vale più della conoscenza. “Imagination is more important than knowledge. For knowledge is limited, whereas imagination embraces the entire world, stimulating progress, giving birth to evolution“. Continuo a immaginare e a vivere, cercando l’infinito.
L’Infinito.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.