Il coraggio della pace in Don Milani

Il 27 maggio 1923 nasceva Don Milani.

Quasi un secolo dopo i suoi scritti rimangono attualissimi e svelano una profezia inascoltata, un’utopia che in alcuni tratti si è fatta storia. Il riconoscimento da parte della Chiesa, grazie a Papa Francesco, è il risultato di anni di riscontro di quanto Don Milani con assoluta trasparenza e coraggio profetizzò allora.

Il nostro Paese purtroppo non ha riconosciuto il valore di Don Milani o meglio ne ha riconosciuto, forse, soltanto la valenza educativa.

I dati parlano chiaramente di un Paese che negli ultimi anni ha fatto dell’industria bellica il fiore all’occhiello della sua produzione industriale, fatturando l’85% in più, e Finmeccanica (adesso Leonardo) dal 2016 è stata strutturata in sette divisioni operative:  Elicotteri, Velivoli, Aerostrutture, Sistemi Avionici e Spaziali, Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale, Sistemi di Difesa, Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni.

Don Milani quindi lo restituiamo al passato, lo releghiamo in una nicchia. Il suo grido rimane accolto soltanto parzialmente. La politica e gli affaristi ne continueranno a trarre i loro benefici.

A proposito della scelta “del coraggio della pace”, avviamo un’ultima riflessione sulla sua lettera “L’obbedienza non è più una virtù“, scritto che venne incriminato e don Lorenzo rinviato a giudizio per apologia di reato. Il processo si concluse con l’assoluzione, ma su ricorso del pubblico ministero,  il  28 ottobre 1968,  la corte d’appello, modificando la sentenza di primo grado, condannò lo scritto. Il titolo potrebbe ancora oggi scandalizzare qualcuno, ma questa lettera afferma solo il primato della coscienza individuale.

 Nel 1965 fu promulgata la  Dignitatis Humanae, che così dichiarava: «Gli imperativi della legge divina l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente (…) Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza». Questo pensiero, la radicale laicità di un cattolicesimo, rimase sconfitto negli anni che seguirono.

Aveva le idee chiare Don Lorenzo in fatto di cristianesimo, come le aveva chiarissime Igino Giordani, deputato all’Assemblea Costituente, uno degli autori del primo disegno di legge sull’obiezione di coscienza, nel 1949, legge approvata dopo ben ventitré anni.

L’11 febbraio 1965 alcuni cappellani militari toscani in congedo votarono un documento in cui consideravano «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza” che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà».  A quel documento pubblicato sulla Nazione don Lorenzo Milani rispose con fermezza. Ecco alcuni stralci.

«Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni.

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.

Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.

Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte.

Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei.

Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. E’ troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa.

-Mi riferirò piuttosto alla Costituzione. 
–  Articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”.
 
–  Articolo 52 “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

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