La Procura di Palermo ha definito la rete di copertura di Messina Denaro “borghesia mafiosa”. “Come per tutti i latitanti non mi stupirei se nel tempo emergesse che qualche figura di alto livello lo ha protetto: la storia della mafia è piena di questi legami”, dichiara il magistrato Nino Di Matteo. E continua: “Da uomo di Stato mi vergogno di questi trent’anni di silenzio”. In una recente intervista il magistrato richiama alla memoria una memorabile inchiesta portata avanti dai deputati Sonnino e Franchetti nell’anno 1876 dal titolo “La Sicilia nel 1876”. Quell’inchiesta è finita con un nulla di fatto.
Sono trascorsi circa 150 anni dalla pubblicazione di questo rapporto e sembra scritto ieri. Franchetti indicava nella mafia una “industria della violenza” praticata soprattutto dai “facinorosi della classe media” divenuti “una classe con industria ed interessi suoi propri, una forza sociale di per sé stante“, la cui sussistenza e il cui sviluppo andavano ricercati proprio nella classe dominante. Si mise in luce la contraddizione nell’azione dello Stato unitario che era “efficacissima e pronta contro i disordini popolari”, ma “miseramente impotente” contro fenomeni come il brigantaggio e la mafia fondati “sopra la classe abbiente, o almeno sopra la parte dominante di essa”.
Riportiamo il capitolo n. 5 dell’inchiesta: “Caratteri della Classe dominante”.
«E quella medesima classe abbiente che mostra una pazienza così mansueta di fronte ad un’accozzaglia di malfattori volgari, che riconosce in loro una forza da rispettarsi, e un interesse da tenersi in conto nelle relazioni sociali, si compone in parte della gente in Europa più gelosa dei privilegi e della potenza che dà, in Sicilia, ancora più che altrove, il nome e la ricchezza; più appassionatamente ambiziosa di prepotere; più impaziente delle ingiurie; più aspra nelle gare di potere, d’influenza ed anche di guadagno; più implacabile negli odi, più feroce nelle vendette, così di fronte ai suoi pari come di fronte a quei facinorosi, che sembrano padroni assoluti di tutto e di tutti nella provincia. Si racconta per esempio di un ricco signore siciliano il quale passando in carrozza per una strada dei dintorni di Palermo, si sentì ad un tratto tirare addosso di dietro ad un muro, un 12 o 14 schioppettate e scampò illeso per miracolo. Gli autori del tentato assassinio non furono mai scoperti; però, pochi mesi dopo, sarebbero stati tutti uccisi. Gli stessi mezzi energici ed efficaci sono pronti ai bisogni di ogni interesse e di ogni passione. La storia degli odii ereditari tra famiglie, delle loro rivalità, delle loro gare nel contendersi l’onnipotenza nel loro Comune, fornirebbe argomento ad una biblioteca di tragedie. Poco tempo addietro, in un paese vicino a Palermo scoppiò una specie di guerra civile fra i partiti delle due famiglie che si contendevano il primato: l’uccisione di un membro di un partito era prontamente vendicata con un omicidio a danno del partito contrario. In un anno vi seguirono fino a 35 omicidii».
Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876 – Cap. I – Palermo e i suoi dintorni – 5
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