“È questo che è successo al popolo d’Israele: non sopportò il viaggio. Era stanco”.
Ogni mattina Papa Francesco ci guida con le sue meditazioni in queste settimane di pandemia. A tal proposito è stato pubblicato oggi la raccolta dei testi delle sue omelie e dei momenti che nessuno di noi mai più dimenticherà, come la preghiera a Piazza San Pietro dello scorso venerdì 27 marzo. Questa mattina la prima lettura era tratta dal libro dei Numeri 21, 4-9, e narra un episodio particolare che avvenne durante l’esodo del popolo israelita.

Il popolo d’Israele continuava a lamentarsi della fatica, del digiuno, nonostante sapesse che era diretto verso la terra promessa. Non aveva fede nel suo Signore, si era stancato. Mi sono rivista in questo stato di stanchezza, dopo quasi 4 settimane di quarantena. Lo scoraggiamento mi prende, il futuro lo vedo lontano e in alcuni momenti davvero mi sembra di vivere in un incubo. Tutte le mie certezze, i miei programmi, i miei affetti sono come posti in un braciere, ardono per diventare cenere. La messa del mattino di Papa Francesco in qualche modo mi aiuta: le sue riflessioni straordinarie, come sempre, mi spingono a vivere queste giornate, lunghe, lunghissime, sollecitando riflessioni e donandomi un senso a tutto questo. Mai le letture quotidiane della messa, durante il tempo di quaresima, mi sono sembrate così vissute, vicine, come se davvero fossi entrata anch’io in quel contesto. Ne sto facendo tutta l’esperienza, e comprendo il popolo che continuava a smarrirsi dietro il ricordo delle cipolle – che erano diventate nella memoria cibo prelibato – dimenticando che erano stati schiavi, mettendo da parte il fatto che erano in marcia verso la libertà. La forza di restare in piedi con l’anima e lo spirito proviene dai fratelli che mi richiamano a dimenticarmi e a continuare questo viaggio, questo esodo. Coraggio, il cammino sarà lungo e difficile, aggireremo anche noi mari, montagne, deserti, verremo privati da tante comodità, ma è un cammino obbligato perché faremo tutti l’esperienza che soltanto l’amore ci può spingere a varcare i nostri miseri limiti, superando nel nostro esodo noi stessi per incontrare e riscoprire l’altro. E il regalo forse più prezioso sarà quello che ci riscopriremo diversi.

Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
Papa Francesco si sofferma, con una lunga pausa: “È questo che è successo al popolo d’Israele: non sopportò il viaggio. Era stanco. E il popolo disse contro Dio e contro Mosè. È sempre la stessa musica, no? “Perché ci avete fatto uscire dall’Egitto? Per farci morire in questo deserto? Perché non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero, la manna”. (Cf. Nm. 21,4-5) E l’immaginazione – l’abbiamo letto nei giorni scorsi – va sempre all’Egitto: “Ma, lì stavamo bene, mangiavamo bene…”.
